Pierluigi Grasselli *
I dati dell’ultimo Rapporto Istat sulla povertà in Italia, confermano la rilevanza e l’intensità della povertà nel nostro Paese. Si stimano per il 2018 in Italia oltre 1,8 milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7,0%, per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4% del totale). Pur rimanendo ai livelli massimi dal 2005, si arresta dopo tre anni la crescita del numero e della quota di famiglie in povertà assoluta. Le famiglie in condizioni di povertà relativa in Italia nel 2018 sono un po’più di 3 milioni (11,8%), quasi 9 milioni di persone. L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma notevolmente superiore nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle isole) rispetto al Nord-Ovest (6,1%) e al Nord-est e al Centro (5,3%). In tema di povertà relativa, risultano coinvolte in Umbria 55 mila famiglie, l’incidenza è del 14,3%, è il dato peggiore del Centro Italia, e il 14,7% dei minori si trova in gravi condizioni. Si osservi in ogni caso come questi dati, dinnanzi alla persistenza invariata del fenomeno, pongano il problema di verificare l’efficacia dei provvedimenti adottati al riguardo in Italia in questi ultimi anni (dal Sostegno all’Inclusione Attiva, al Reddito di Inclusione, al Reddito di cittadinanza), e richiamino alla complessità del problema, e dell’impegno multiforme, coordinato, personalizzato, richiesto per contrastare povertà ed esclusione sociale. Invece del semplicismo, della superficialità e della faciloneria con cui da più parti si tende a presentare la questione.
In ogni caso, provo a utilizzare alcune indicazioni fornite dal Rapporto Istat per comprendere quali considerazioni possano trarsene, sulla intensità della povertà che si presenta presso il Centro di Ascolto dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, tenendo conto di alcune caratteristiche degli utenti del Centro, registrate in questi ultimi anni. Mi riferisco all’importanza della convivenza nei nuclei familiari, quale risulta dai dati rilevati presso il suddetto Centro di Ascolto; il dato Istat 2018 per l’Italia registra a tale riguardo l’incidenza di povertà assoluta più elevata proprio tra le famiglie con un maggior numero di componenti (8,9% tra quelle con quattro componenti, e raggiunge il 19,6% tra quelle con cinque e più). Un’altra tendenza dei dati Caritas suddetti è costituita dall’elevata diffusione di titoli di studio di livelli entro la media inferiore; dal dato Istat 2018 risulta che l’incidenza della povertà si attesta su valori attorno al 10,0% se si ha al massimo la licenza di scuola media; se invece la persona di riferimento ha un titolo almeno di scuola secondaria superiore il valore scende al 3,8%. Un altro carattere presentato dai dati Caritas suddetti riguarda la presenza nettamente prevalente di stranieri; il dato Istat 2018 conferma le maggiori difficoltà per gli stranieri: gli individui stranieri in povertà assoluta sono oltre un milione e 500 mila, con un’incidenza pari al 30,3% (tra gli italiani è il 6,4%). Possiamo desumere da queste indicazioni l’accesso rilevante presso il nostro Centro di ascolto di alcune delle tipologie di persone maggiormente segnate dalla povertà. Per quanto riguarda la presentazione puntuale dei dati 2018 sulla povertà rilevata presso i Centri di Ascolto delle Diocesi dell’Umbria, essa è prevista per la giornata mondiale della povertà, nel prossimo mese di novembre.
Le indicazioni provenienti dall’ultimo Rapporto annuale di Bankitalia (Banca d’Italia, L’economia dell’Umbria nel 2018, Roma, 2019) possono aiutare a comprendere la persistenza e l’intensità della povertà nella nostra regione. Come ricorda il Rapporto, l’Umbria è stata colpita nel lungo svolgimento della crisi da una forte contrazione dell’attività economica: tra il 2007 e il 2014 il valore aggiunto regionale si è ridotto del 16.7% (-7,7% nella media italiana). Nel 2018 il valore aggiunto umbro era ancora inferiore del 14,6% rispetto ai livelli pre-crisi (3,4% in Italia) (17). Nel 2018 la crescita dell’attività economica umbra continua ad un ritmo modesto, inferiore a quello dell’Italia. Alla ulteriore espansione delle esportazioni si è contrapposto l’indebolimento di consumi e investimenti. La produzione industriale ha mostrato un progressivo rallentamento. Il calo ha riguardato le imprese con meno di dieci addetti, che non sono ancora riuscite ad agganciare la fase di ripresa. Dopo un triennio di crescita sostenuta, si è interrotta la crescita degli investimenti industriali. Nel 2018, dopo un triennio di espansione, sono diminuiti i prestiti diretti al sistema produttivo; all’arresto della crescita dei prestiti alle aziende di medie e grandi dimensioni, si è affiancata la contrazione degli impieghi alle piccole imprese, per il settimo anno consecutivo. Il turismo non riesce a riacquistare slancio. Il numero dei pernottamenti è ritornato ai livelli di inizio anni duemila, anche per effetto di una ridotta capacità della regione di intercettare lo sviluppo dei flussi turistici mondiali. Gli arrivi in Umbria di visitatori dall’estero hanno rappresentato meno di un terzo del totale; in Italia, tra il 2002 e il 2018, la quota è arrivata a pesare per circa il 50%. Sull’andamento del 2019 pesa l’accresciuta incertezza sull’evoluzione della situazione economica italiana e internazionale.
Tra i fattori strutturali che ancora frenano lo sviluppo dell’economia locale figurano la bassa produttività del lavoro e il contenuto grado di innovazione delle imprese. Nel 2018, la produttività del lavoro in Umbria era nel complesso inferiore di 14 punti percentuali rispetto a quella italiana. La flessione è stata particolarmente intensa nell’industria in senso stretto (con un ritardo rispetto al dato italiano divenuto nel 2014 superiore ai 20 punti percentuali).
Un altro fattore importante della crescita del prodotto, dell’occupazione e del benessere, è dato dalla capacità innovativa. In termini di marchi e di domande di brevetti, presentate allo European Patent Office delle imprese, la regione si collocava nel 2014 molto al di sotto della media nazionale: questo risultato riflette una struttura produttiva basata su imprese tradizionali di piccole dimensioni, con una ridotta presenza di produzioni a media e alta tecnologia. La spesa in R&S degli operatori pubblici e privati regionali era pari all’1,0% del prodotto lordo (1,3 in Italia).
Le notazioni finora riportate suggeriscono anche possibili percorsi per migliorare la situazione complessiva della regione, con effetti positivi anche sul contrasto alla povertà. Ad es., va in questa direzione rafforzare studio e formazione nei giovani, e i rapporti tra scuola e lavoro (penso ai risultati altamente positivi degli Istituti Tecnici Superiori) per accrescere produttività e capacità innovativa. E’ opportuno inoltre potenziare le capacità gestionali delle imprese più piccole, anche favorendone l’aggregazione in reti e accordi di collaborazione con le imprese di maggiori dimensioni, promuovere la concessione di prestiti alle imprese che propongono progetti significativi, rafforzare le piccole imprese (start-up) innovative, già numerose in regione. E, in una regione ad elevata vocazione turistica quale l’Umbria, può essere importante agire sui fattori attrattivi dei flussi turistici, in specie dall’estero. Si osservi come queste ipotesi di intervento per il benessere dell’Umbria, desumibili dalle indicazioni di Bankitalia, e che certo sono solo una parte delle misure attivabili, presuppongono efficaci rapporti di coordinamento e lo sviluppo di appropriati beni relazionali (quali fiducia, collaborazione, amicizia) tra i principali Attori: il riferimento è a Imprese, Scuole, Istituti di formazione professionale, Istituti tecnici superiori, Istituzioni finanziarie, burocrati, politici, coinvolti nelle varie forme di attività economica, (che suppongono tra l’altro reciprocità e dono), supposti socialmente e civilmente responsabili, e con un deciso orientamento all’esercizio della reciprocità e del dono. Si osservi inoltre che il dibattito corrente in corso sui media non sottolinea, o addirittura tende a trascurare queste ipotesi di intervento, pur chiaramente centrali e decisive.
*Direttore dell’Osservatorio diocesano perugino sulle povertà e l’inclusione sociale
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