Coronavirus, studio di Perugia: “bassa quantità” di Rna virale nei nuovi tamponi

Professoressa Mencacci, direttrice scuola microbiologia: "Il virus non è mutato, ma siamo nella coda dell'infezione"

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Coronavirus

PERUGIA – Contengono una “bassa quantità” di Rna virale non in grado di infettare le cellule in vitro i tamponi positivi al Covid-19 più recenti, analizzati nei laboratori dell’Università di Perugia. È quanto continua a emergere da uno studio condotto in collaborazione tra Antonella Mencacci, direttore della Scuola di specializzazione in Microbiologia, e la Daniela Francisci, che guida quella in malattie infettive dell’Ateneo, entrambe nella task force scientifica attivata dalla Regione per l’emergenza coronavirus.

Nella “coda dell’infezione” “Si tratta comunque di prime evidenze preliminari che suggeriscono questo scenario. I risultati veri e propri si faranno alla fine” sottolinea la professoressa Mencacci. “Il virus non è mutato, ma – spiega – siamo nella coda dell’infezione grazie al lockdown. Nei tamponi positivi individuiamo quindi ‘pezzi’ di Rna e, probabilmente, non l’intero virione in grado di infettare le cellule. È come se sulla scena di un omicidio trovassimo tracce del Dna dell’assassino e non lui di persona”. “Nei tamponi eseguiti nel pieno dell’epidemia – spiega ancora l’esperta – trovavamo quantità tali di materiale genetico che bastavano poche amplificazioni per identificare il Covid mentre in quelli più recenti ne servono moltissime di più. E dal nostro studio sta emergendo che i frammenti isolati di Rna non sono in grado di infettare le cellule in vitro”. Per la direttrice della Scuola di microbiologia i rischi sono ora legati a quei soggetti che provengono dalle aree nel pieno della pandemia. “In quel caso – conclude la professoressa Mencacci – il virus è in quantità tali da alimentare l’infezione e per questo è necessario non abbassare la guardia e mantenere tutte le misure di protezione”.   

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